Scritto da: Staff Medelit

Secondo uno studio effettuato da un team di ricercatori inglesi e italiani, pubblicato sul CMAJ, per pazienti selezionati l’ospedalizzazione a domicilio produce esiti simili alla cura in strutture sanitarie, con costi simili o addirittura minori.

I programmi di cure domiciliari sono un’alternativa popolare agli ospedali, visti i problemi legati alla carenza di posti letto per le patologie acute nelle strutture ospedialiere e la sempre maggiore necessità di effettuare un sui costi della sanità.

Questa meta-analisi era finalizzata a verificare se i pazienti seguiti a domicilio potessero avere una prognosi equivalente o addirittura migliore rispetto a coloro che erano stati tradizionalmente curati in ospedale. Il campione di studio ha compreso pazienti di 70 anni o più di età affetti da malattie croniche ai polmoni, pazienti con pregresso infarto cardiaco e pazienti molto anziani affetti da patologia acuta.

Lo studio ha evidenziato che i pazienti seguiti a domicilio hanno dimostrato una significativa riduzione nella mortalità riscontrata al follow-up di 6 mesi. “Questa riduzione non è significativa a tre mesi, probabilmente per il numero minore di eventi che si possono verificare in un lasso di tempo più ristretto” hanno dichiarato il Dott. Sasha Shepperd e i suoi collaboratori. I pazienti si sono inoltre dimostrati significativamente più soddisfatti in caso di trattamento domiciliare.

Tuttavia, i casi di morte sono stati minori nel lasso di tempo dei tre mesi, per quei pazienti ricoverati presso le unità di cardiologia degli ospedali, rispetto a coloro che sono stati seguiti a casa.

“I nostri risultati non dimostrano che le cure ospedaliere sono rischiose” assicura il Dott.Shepper “Sono necessarie maggiori ricerche per determinare se esiste un tipo particolare di paziente che beneficia dell’ospedalizzazione domiciliare. Ciò è particolarmente importante, dato che sono in continua evoluzione i livelli di trattamento e le modalità di cura attuabili sia a casa sia in ospedale”.

Il Professor Mike Clarke, altro membro del team di ricerca, dell’UK Cochrane Centre, aggiunge “Siamo cauti nelle nostre dichiarazioni anche perchè ci basiamo esclusivamente su studi pubblicati, non avendo trovato alcuno studio non pubblicato su questa materia. Potrebbe essere che siano state eseguite altre ricerche e che gli studi da noi identificati non siano rappresentativi di tutti quelli eseguiti. In ogni caso, la nostra ricerca rappresenta la più completa analisi su questo argomento e fornisce informazioni importanti a pazienti, medici e politici”.

Lo studio è stato condotto da un team di ricercatori di diverse università, tra cui University of Oxford; University Hospital Aintree Hospitals NHS Trust; University College, London; King’s & St. Thomas’ School of Medicine; University of Leicester; Università di Torino.

In un commentario allegato allo studio, il Dott. Bruce Leff della Johns Hopkins University School of Medicine scrive: “Dobbiamo incorporare l’ospedalizzazione a domicilio nel continuum delle cure, senza che diventi un ulteriore ed isolato modello di assistenza sanitaria”; deve entrare a far parte delle alternative disponibili per mantenere determinati pazienti fuori dall’ospedale ed aiutarne altri nella transizione della dimissione.

Referenze:  Canadian Medical Association Journal (2009, January 19). Hospital At-home Programs Provide Similar Patient Outcomes.